Essere sostenibili? Basta volerlo, il caso di Mori2A

L’impresa Mori 2A depura le acque impiegate nel ciclo produttivo e alimenta un laghetto con diverse specie ittiche. Perché se prodotto, riciclato e smaltito bene nessun prodotto dovrebbe essere demonizzato a prescindere.

La plastica viene spesso percepita come il male assoluto dal punto di vista ambientale. Ingombra fiumi, laghi e oceani e danneggia la fauna marina. Eppure non possiamo farne a meno: sono in plastica molti dispositivi medici e addirittura alcuni contenitori per la raccolta dei rifiuti organici o parti di generatori di energie rinnovabili, come le pale eoliche. Abbiamo chiesto a un’azienda bresciana, la Mori 2A, come riesca a conciliare la produzione di materiali plastici e la sostenibilità. Aurora Alessia Bosio, responsabile del sistema di gestione integrato e sostenibilità ci racconta la strategia aziendale.

“La sostenibilità in realtà ci appartiene, anche se in parte inconsapevolmente, da sempre, soprattutto sul versante sociale. Nel 2020 abbiamo intrapreso un percorso, nato inizialmente dalla modifica di alcuni standard per mantenere la certificazione UNI ISO 50001, che ci ha portato a una maggiore consapevolezza sul tema e anche a dar vita a un percorso strutturato. La norma richiedeva per la prima volta un’analisi del contesto e questo ci ha spinto a chiederci: che cosa vogliono davvero, che cosa si aspettano da noi i nostri stakeholder? Così abbiamo sottoposto a dipendenti, clienti e fornitori un questionario. I temi più sentiti abbiamo scoperto essere i rifiuti e la gestione energetica. Da lì abbiamo dato vita al Progetto Mori 2A Cares, dal verbo inglese to care, prendersi cura. Per questa iniziativa abbiamo ricevuto il riconoscimento Fabbrica del futuro, assegnato da Confindustria in occasione di Brescia e Bergamo capitali della Cultura ed è stata presentata anche in occasione della Conferenza internazionale degli Ingegneri energetici tenutasi a Dublino, ma quello che ci preme di più è mostrare che anche una piccola-media impresa come la nostra, che produce articoli in acciaio inox e materiali plastici, può fare molto nel campo della sostenibilità, perché ogni piccolo gesto conta”.

Di che cosa si tratta?

“Questo progetto ci ha permesso di sistematizzare e integrare la nostra idea di sostenibilità: a partire dal ciclo produttivo dell’acciaio inox, che richiede molta acqua e molta energia, oggi tutte le acque impiegate nel processo confluiscono in un depuratore che le purifica dal punto di vista chimico e fisico, come dimostrano le analisi che eseguiamo periodicamente. Ma forse l’aspetto più evidente della bontà di queste acque è il laghetto che abbiamo creato, uno specchio d’acqua che raccoglie le acque depurate e che accoglie pesci di diversi esemplari. Il prossimo passo – attualmente siamo in fase di test – sarà il riutilizzo delle acque di lavaggio per il decapaggio e, solo dopo il riuso, l’invio alla fase di depurazione. Naturalmente tutto questo deve avvenire senza intaccare la qualità dei materiali prodotti”.

 

Come si sente di rispondere a chi indica la plastica come la principale fonte di tutti o quasi i mali ambientali?

“Innanzitutto credo che si debba partire da un consumo consapevole della plastica. La nostra azienda produce contenitori per alimenti per cucine professionali, devono essere resistenti, flessibili, trasparenti, leggeri e adatti al contatto con gli alimenti. Spesso quando si demonizza la plastica ci si dimentica che contenitori con materiali più pesanti comporterebbero pesi maggiori, maggiori costi di trasporto e quindi anche un’impronta carbonica maggiore e che contenitori durevoli non possono essere paragonati, per impatto e caratteristiche, all’usa e getta. Il consumo consapevole deve precedere lo stesso riciclo, pur importante. Non è sempre semplice come sembra riciclare, quindi la cosa migliore è evitare di creare rifiuti: in azienda non abbiamo rifiuti plastici, ad eccezione del packaging dei materiali che riceviamo. I nostri scarti di lavorazione vengono in parte macinati direttamente da noi per essere riutilizzati, oppure venduti ad aziende che li riutilizzano a loro volta. In questo modo ridiamo valore a un materiale spesso considerato solo in chiave negativa”.

Accennava al packaging. Com’è la situazione in Italia?

“Il 98% dei nostri fornitori opera nel triangolo Brescia-Bergamo-Milano. Pochissimi provengono dal mercato estero, in particolare per le materie prime, quindi non avvertiamo grandi differenze fra fornitori di diversi continenti. Il problema è piuttosto dato dalla differente legislazione in materia. So che l’Unione europea sta lavorando a una proposta che armonizzi la legislazione in tema di imballaggi. Questo è fondamentale perché ci aiuterebbe a muoverci tutti nella stessa direzione”.

Oltre a quello che fate concretamente in azienda per la sostenibilità siete anche impegnati a lanciare dei messaggi in questo senso?

“Quello che ci preme molto – e che tutte le imprese dovrebbero fare – è riuscire a sensibilizzare e rendere consapevoli le persone, partendo dai nostri collaboratori. Adottare in azienda una linea sostenibile a 360° é il primo messaggio, poi possono venire i piccoli gesti, come dotare tutti i dipendenti di borracce per consumare acqua del rubinetto ed evitare l’acquisto di bottiglie in plastica. Ogni gesto contribuisce a far sorgere una nuova cultura e quando non dovremo più spiegare perché la plastica non va demonizzata a prescindere, avremo fatto un grande passo in avanti. Un secondo step è quello di sensibilizzare i fornitori e i clienti, ad esempio sul tema dell’efficienza energetica, in modo da creare una catena di valore e dar vita a progetti di collaborazione”.

di Vanna Toninelli