I numeri sulla plastica nel Mondo

Negli ultimi decenni la plastica ha caratterizzato ogni aspetto della nostra vita. Le azioni introdotte in termini di economia circolare sono risultate al momento insufficienti per contrastare l’accumulo di questo materiale sul nostro Pianeta. Il Trattato Internazionale sulla Plastica delle Nazioni Unite potrebbe essere la chiave per intraprendere azioni decisive entro il 2060, anno in cui potremmo superare i 1.200 milioni di tonnellate di plastica prodotte in 12 mesi.

Molti oggetti nel nostro uso quotidiano contengono, in varia misura, plastica. Un materiale che, nel giro di pochi decenni, ha trovato applicazioni e utilizzo in ogni settore dell’economia globale dall’industria del Food a sanità, costruzioni,  meccanica, elettronica.

La plastica presenta infatti una serie di vantaggi competitivi rilevanti rispetto ad altri materiali: è economica da produrre, è leggera, ma resistente, facilmente modellabile, idrorepellente e isolante.

Il report OCSE Global plastics outlook: policy scenarios to 2060 del 2022, tuttavia, stima che vengano prodotti oltre 400 milioni di tonnellate di plastica nel mondo ogni anno e di questi 23 milioni finiscono negli oceani, nei fiumi e nei laghi.

Nonostante quindi gli sforzi messi in campo dai Paesi in termini di economia circolare – in primis da parte dell’Italia, che detiene il record europeo per la più alta percentuale di riciclo di rifiuti – l’accumulo di plastica è in costante aumento nel mondo: oggi la presenza nell’ambiente e nell’acqua è stimata in 8 miliardi di rifiuti primari in plastica, una tonnellata per ogni essere umano.

Le ricadute per l’ambiente e la salute

 Il mancato riciclo della plastica, un uso inappropriato della stessa, o uno scorretto smaltimento causano inquinamento nel suolo, nei mari e nell’aria – con potenziali danni alla salute – e determinano un’impronta carbonica elevata. Uno degli aspetti più critici rispetto agli oggetti in plastica è il fatto che circa il 40% di questi sia monouso, elemento che concorre in maniera importante all’aumento del peso e dei volumi dei rifiuti da gestire. La difficoltà nella gestione dei rifiuti, abbinata a un consumo di plastica che necessariamente occorre sia più responsabile, spiega la presenza massiccia di plastica negli oceani, nei fiumi e nei laghi che, a causa delle correnti e dell’effetto degli agenti atmosferici, può degradarsi e trasformarsi in microplastiche capaci, all’interno degli organismi viventi, di causare anch’esse danni alla salute.

Che fare?

Ridurre le perdite di plastica vicine allo zero entro il 2060 è la proposta alla base della Global Ambition, uno degli scenari alternativi proposti dall’OCSE su cui si stanno sviluppando le trattative che porteranno, a novembre 2023, all’elaborazione di una prima bozza del Trattato Internazionale sulla Plastica delle Nazioni Unite. All’obiettivo ambizioso di ridurre l’utilizzo e lo spreco di plastica a zero, si contrappongono altre proposte, sempre basate su un mix di politiche fiscali e normative, che puntano alla riduzione di almeno un quinto delle perdite di plastica entro il 2060 e principalmente dei paesi OCSE (Regional action) o a un ridimensionamento importante di tali rifiuti specificamente negli oceani, fiumi e laghi.

La fase preliminare di queste trattative, sviluppatasi tra marzo e giugno 2023, ha finora portato all’allineamento di 175 paesi sul fatto che per intraprendere azioni decisive sarà fondamentale intervenire sull’intero ciclo di vita del prodotto. Inoltre, è opinione condivisa che i paesi del Sud del Mondo vadano supportati economicamente, visto che non possiedono le infrastrutture adatte per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.

Ma non dimentichiamoci che, parallelamente alle azioni intraprese a livello multilaterale dagli Stati e dalle istituzioni, ognuno di noi può, con dei piccoli gesti quotidiani, ridurre l’utilizzo e lo spreco di plastica.

Di Anna Filippucci