Israele, dove l’acqua è preziosa
Una missione di tecnici italiani del giugno scorso riportata dal Financial Post, ma passata inosservata sulla stampa italiana.
Se in Europa il problema della siccità, a lungo attesa e improvvisamente esplosa in una delle estati più calde e secche che le statistiche ricordino, ci sono Paesi in altre parti del mondo che hanno dovuto affrontare questo problema da tempo.
Uno di questi è Israele e proprio per approfondire le loro tecnologie e buone pratiche 22 fra i principali gestori del servizio idrico italiano e tre studi professionali nel giugno scorso sono stati a Tel Aviv, guidati dall’Israel Export Institute, agenzia governativa che fa capo al Ministero dell’Economia e dell’Industria e si occupa di partnership e networking.
Sonia Bozza, Responsabile Area gestione di Acque Bresciane, era fra i partecipanti. “Un’esperienza che ha messo in luce la grande lungimiranza del popolo israeliano nel trarre dal costante e crescente fabbisogno d’acqua un’opportunità di crescita e sviluppo di nuove tecnologie, rispondendo efficacemente a grandi temi ancora aperti nel nostro paese, come il riutilizzo dell’acqua depurata o l’uso dell’intelligenza artificiale a beneficio della gestione del servizio”.
Mekerot è la compagnia nazionale israeliana che dal 1937 gestisce l’approvvigionamento idrico nel paese ed una delle water utility più importanti nel panorama mondiale. “Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità”, ricordava Albert Einstein e Mekerot, grazie all’implementazione di soluzioni ingegneristiche e tecnologie sempre all’avanguardia, è riuscita a creare un sistema di fornitura di acqua potabile e di riuso in grado di mantenersi stabile anche durante periodi di prolungata siccità. Grande importanza, quindi, rivestono le collaborazioni con le startup presenti nel territorio israeliano che, secondo il database Finder dell’organizzazione no-profit Start-Up Nation Central, sono circa 180 e operano nei settori del trattamento delle acque e delle acque reflue, del riuso delle acque trattate, della gestione delle reti idriche, delle tecnologie di desalinizzazione e del rilevamento della qualità dell’acqua. Alcune di queste realtà erano presenti all’Israele Water Innovation Technology Summit.
In un paese dove più del 60% del territorio è desertico, i consumi in aumento dovuti all’aumento demografico e i cambiamenti climatici fanno sì che la tutela della riserva idrica diventi strategica, ed ogni azione per preservala necessaria.
I fronti su cui la società si muove sono diversi: alla distribuzione di acque con qualità differenti in base alla destinazione d’uso, a una diffusione di una cultura centrata su un uso consapevole, a una gestione efficiente delle reti di distribuzione, fino al riuso delle acque depurate.
L’approvvigionamento nel corso degli anni si è dovuto differenziare: ora il contributo derivante dagli impianti di dissalazione ad osmosi inversa (sia di acqua marina che di acque sotterranee) è diventato importante e prioritario, grazie anche allo sviluppo di tecnologie che tendono alla riduzione dei consumi energetici, e integra l’acqua captata dal lago di Tiberiade e trasportata dal nord al sud del paese grazie al National Water Carrier (un sistema di distribuzione di circa 130 km per una capacità fino a 72.000 mc ora). Soluzioni innovative anche per arginare la salinizzazione delle falde acquifere, grazie alla realizzazione di una riserva idrica che impediva all’acqua salata di penetrare nella falda tramite sistemi di pompaggio.
Infine, l’acqua in uscita dagli impianti di depurazione diventa fonte di approvvigionamento per l’agricoltura. “Interessante evidenziare come l’acqua in uscita dagli impianti di depurazione non venga considerata come acqua di riuso, ma come fonte di approvvigionamento. A tal proposito è davvero interessante riflettere su alcuni trend isareliani (figura 1) – evidenzia Sonia Bozza – per comprendere come in Italia sia necessario un cambio culturale”.
L’acqua in uscita dagli impianti diventa risorsa per l’agricoltura, con un reimpiego fino all’85%. Interessante il caso dell’impianto di trattamento delle acque reflue di Shafdan, il più grande di Israele e del Medio Oriente, che serve circa 2,5 milioni di persone. L’acqua subisce diversi trattamenti di affinamento (es. MBR, Filtrazione in pressione o sedimentazione) in base alla qualità attesa, ma sicuramente il più interessante e innovativo avviene tramite la tecnologia SAT (Soil Aquifer Treatment): l’acqua viene immagazzinata nel sottosuolo e utilizzata al bisogno, distribuita tramite una rete dedicata di circa 100 km. Tale sistema consente di gestire circa 160 Milioni di metri cubi all’anno.
Nel paese vengono distribuirti circa 2.150 milioni di metri cubi d’acqua, solo il 39,5% è utilizzata per usi domestici mentre il 53,5% è destinata all’agricoltura, ove l’unica forma di irrigazione consentita è quella a goccia, e infine il 7% nel settore industriale. “Fin dal 1955 Israele ha stabilito che ogni consumo d’acqua venga misurato – spiega l’ingegner Bozza -. La scarsità della risorsa ha portato gli israeliani non solo a trovare sistemi di approvvigionamento diversi, ma anche ad efficientare la rete fino a raggiungere livelli di perdita stimati attorno all’8%, tra i migliori al mondo. Risultati che raggiungono grazie a un’impegnativa e mirata politica di sostituzione delle tubazioni, resa efficace da sistemi di asset management e dall’adozione di soluzioni innovative nella ricerca perdite come l’uso e l’analisi di immagini satellitari”.
Sicuramente lungimiranti ma ancora attuali se pensiamo ai decaloghi circolati in questa torrida estate, le indicazioni ritrovate in questo manuale del 1948 sull’efficiente uso e riuso dell’acqua in abito domestico. I grandi cambiamenti nascono sempre dalle azioni quotidiane. Le campagne di sensibilizzazione dei consumatori finali sono molto importanti e vengono costantemente mantenute attive.
Gli effetti ormai sempre più evidenti del cambiamento climatico devono essere una potente leva per accelerare una visione organica e d’insieme della gestione del ciclo dell’acqua: una gestione sostenibile attuando tecnologie consolidate e mature, ma anche sperimentando e sfruttando quelle innovative per efficientare il processo.
Durante il summit sono state presentate tecnologie già adottate sul mercato italiano, come quella proposta da ASTERRA che si pone l’obiettivo di prelocalizzare perdite idriche dall’analisi delle immagini satellitari oppure quella della società Kando, che si prefigge di monitorare in tempo reale la qualità delle acque reflue con un sistema di early warning in grado di individuare picchi di inquinamento, in uso anche in Acque Bresciane.
Interessanti anche le tecnologie presentate dalle startup, non ancora molto diffuse sul mercato o addirittura in fase di test. Durante il Summit sono state presentate Watergen, che si prefigge di produrre acqua dall’aria, NUFiltration, che riutilizza i dializzatori che hanno raggiunto la fine della loro vita come sistemi di filtrazione a membrana per potabilizzare l’acqua per i paesi in via di sviluppo e Lishtot, che ha sviluppato kit da utilizzare in campo per rilevare rapidamente contaminanti nell’acqua come Escherichia coli, piombo, arsenico, mercurio, rame e cloro.
Di Sonia Bozza
Articolo pubblicato sul numero 7 di Riflessi, settembre 2022