L’ “annus horribilis” del Ghiacciaio dell’Adamello
La fronte del Ghiacciaio dell’Adamello ripresa il 18 luglio 2022 (Foto: Ranzi)
Il 2022 sarà ricordato come l’annus horribilis per il Ghiacciaio dell’Adamello, il più esteso ghiacciaio italiano. Le temperature elevate dell’estate hanno fatto seguito a un inverno con la nevosità minima degli ultimi 15 anni.
Per mantenere l’equilibro della massa di un ghiacciaio il volume della neve accumulata fino in primavera deve essere almeno pari a quello del ghiaccio fuso nell’estate. E a fine settembre almeno un terzo della superficie del ghiacciaio dovrebbe rimanere innevata: il manto nevoso rimasto si trasformerà in firn (si tratta di neve parzialmente compattata che deriva dalla trasformazione della neve rimasta dalle passate stagioni e che si è cristallizzata in una struttura più densa, che si trova in una fase intermedia tra la neve granulare ed il ghiaccio glaciale) e poi, l’anno successivo, in ghiaccio.
Quest’anno già a luglio si poteva osservare la neve solo in sottili lembi nelle zone ombreggiate ai margini del ghiacciaio e siamo quindi molto lontani dalle condizioni di equilibrio. Le misure di accumulo di neve effettuate in maggio dal Servizio Glaciologico Lombardo a Pian di Neve, a 3.100 metri di quota, rendono conto di poco meno di 600 mm di equivalente, in acqua, del manto nevoso. Invece, le misure di fusione del ghiaccio segnalano, ad agosto, a quote comprese tra la fronte, a 2600 m, e Pian di Neve, una perdita media di spessore di oltre 4 metri, corrispondenti a circa 3.600 mm di acqua. Quindi, considerando che la fusione prosegue fino a fine settembre, quest’anno il Ghiacciaio dell’Adamello potrebbe perdere, in media su tutta la superficie, anche oltre 4 metri di spessore.
Un valore quasi triplo rispetto a quello che il gruppo di ricerca del nostro Dipartimento aveva calcolato relativamente al periodo 1995-2009, per il quale fu stimata in media una perdita di un metro e mezzo di spessore all’anno. Il modello matematico che avevamo messo a punto per questa stima fu applicato, non solo tenendo conto del clima attuale, ma anche considerando gli scenari climatici previsti per il futuro dall’Intergovernmental Panel of Climate Change.
L’esito delle simulazioni sull’evoluzione dinamica del Ghiacciaio dell’Adamello ha permesso di presagire la sua scomparsa entro la fine del secolo. Trattandosi di simulazioni al computer, la curiosità dei ricercatori ha spinto un team coordinato da Fondazione Lombardia per l’Ambiente – e che comprende, oltre all’Università di Brescia, la Comunità Montana di Valle Camonica, ente gestore del Parco dell’Adamello, il Politecnico di Milano e l’Università di Milano-Bicocca – a proporre un progetto di ricerca che ha come obbiettivo anche quello di raccogliere dati e informazioni sulla futura dinamica del ghiacciaio.
La ricerca, denominata CLIMADA e finanziata dalla Fondazione Cariplo, farà tesoro dei parametri raccolti nelle perforazioni effettuate nel ghiaccio fino a una profondità di circa 240 metri per affinare i calcoli e le previsioni teoriche.
Salendo sul ghiacciaio quest’estate l’impressione è che la scomparsa del gigante di ghiaccio possa avvenire ben prima della fine del secolo. Ormai il ghiacciaio dell’Adamello non è più un’unica massa di ghiaccio, essendosi ormai staccate delle placche isolate, sotto il Dosson di Genova, il Passo della Lobbia, la Cima Venerocolo, il Corno Bianco. Un nuovo lago si è formato presso la fronte: potrebbe venire denominato Lago Nuovissimo, visto che all’inizio del secolo scorso già si era formato, alcune centinaia di metri più a valle, il Lago Nuovo. Anche la toponomastica dei luoghi dovrebbe cambiare.
La lenta scomparsa del ghiacciaio dell’Adamello e la siccità dell’estate sono le due facce della medesima medaglia. I fiumi padani non sono stati alimentati dalle nevicate troppo esigue dell’inverno: anche la diminuzione delle nevicate invernali, che le statistiche dell’ultimo cinquantennio confermano essere significativa, è uno dei segni del cambiamento troppo rapido del clima e, di conseguenza, dell’ambiente montano.
Il Ghiacciaio dell’Adamello e il Corno Bianco (3427 o 3434 m slm), visti dal Rifugio ai Caduti dell’Adamello
Le placche di ghiaccio staccatesi dal corpo principale del Ghiacciaio del Mandrone verso il Passo della Lobbia (a sinistra) e verso il Dosson di Genova (a destra) (2022-07-18, Foto: Ranzi)
Se vogliamo rallentare questi processi dobbiamo mettere in atto azioni di mitigazione per una transizione energetica che faccia sempre meno ricorso alle fonti fossili, ridurre i consumi, adattare le nostre abitudini a un ambiente più caldo e con minori disponibilità idriche.
Di Roberto Ranzi
Articolo pubblicato sul numero 7 di Riflessi, settembre 2022